È
necessario ricordare a se stessi, più che si possiede un corpo, che lo si è. L’atto di produrre qualcosa, di fare arte – per esempio – è una soluzione al distacco dal corpo, uno dei modi per misurarlo, monitorarlo, avvertirne i cambiamenti impercettibili, restare con i piedi ancorati nel presente e non smarrirsi. Martina Cinotti fa ruotare la sua produzione artistica attorno alla percezione della propria immagine in maniera tutt’altro che egocentrica: si tratta della continua indagine sul proprio significato, del recupero quotidiano del bisogno di creare, dell’alimentare un fuoco interiore che passa attraverso il corpo e gli conferisce energia vitale per muoversi nello spazio circostante e renderlo presente nel suo momento storico. Sul rapporto con il proprio corpo si costruisce il rapporto con gli altri, con altri corpi dotati delle medesime fragilità e tendenza a legarsi in forme intimamente complementari e stabili, pacate e dai confini ampi e accoglienti. L’acquerello diluisce le tensioni della quotidianità, le rende morbide e ingenue, dilata i tempi restando fedele alla mistica dell’istante in cui Cinotti decide di cominciare a dipingere, sospende i tempi dopo averli fissati in un flusso emotivo che soltanto l’artista è in grado di descrivere alla perfezione. La pittura è in quest’ottica il luogo in cui studiarsi e comprendersi, annotare i cambiamenti e scoprire quanto ciò che è fuori è confluito verso l’interno contribuendo a quella che rappresenta la soluzione attuale di sé. La narrazione è sincera e quotidiana e le sue immagini sono lampi di una sensibilità fluttuante tra la notte e l’alba in cui le piccole cose possiedono un valore universalmente riconoscibile e inestimabile.
Carmelanio Bracco
Contact Form